Beauty and the Beast: Recensione episodio 122 – Never Turn Back (Mai voltarsi indietro)

Che quest’ultimo episodio della prima stagione avrebbe potuto, nelle intenzioni di Jennifer Levin e Sherri Cooper essere anche un finale di serie, il momento conclusivo di un’avventura meravigliosa ma brevissima, lo si capisce, fin dalle prime battute, da quell’essere felici di una normalità rubata che si pensa non durerà, dal nascere di una speranza incredula al pensiero che invece possa durare.
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C’è in quel sottile momento di passaggio tra l’happy ending, pronto e possibile, così a portata di mano, ed il dramma della separazione, lo strappo di quelle mani che non riescono a restare unite, una tale maestria e logica, da rendere questo episodio un esempio mirabile di come una storyline sia sempre coerente, se chi la scrive sa da dove viene e dove vuole andare.
Da dove vengono i personaggi, e dove sono diretti.

Perché Vincent e Catherine hanno affrontato ormai da così tanti tagli diversi cosa significhi amarsi e accettare la realtà di Vincent e sperare a dispetto di chi li vuole morti, che l’empatia e la tenerezza ci nascono nel cuore da sole a vederli provare un momento di vita “normale”, di felicità dimentica, così raggianti e sfacciati nella loro gioia da augurargli davvero che non debba mai avere fine.

Le parole di Vincent “ Mi dispiace che non possa durare di più” se da un lato riportano noi e Cat alla realtà, dall’altro offrono di lì a poco uno spunto di riflessione che ci dà pienamente il senso di quanto stupenda sia questa storia d’amore, quanto meravigliosi i personaggi che la vivono scrivendola con le loro scelte, con i battiti del loro cuore.

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Perché proprio mentre Vincent si rammarica della precarietà della sua “cura”, per dettagli tecnici chiari se non a noi sicuramente a JT, tale cura sembra portare ad una guarigione permanente.
Il sogno irrealizzabile di Vincent e quello impensabile di Catherine si realizzano insieme quando, senza più la paura delle limitazioni che la condizione di lui imponeva, paventano e decidono di lasciarsi alle spalle il mondo intero, ed iniziare una nuova vita insieme, lontana da tutto ciò di conosciuto nelle loro vite fino a quel giorno.

Caspita.
Quasi troppo bello per essere vero.
E allora facile, facilissimo capire che se la produzione avesse chiuso i rubinetti e questo fosse stato l’ultimo episodio, li avremmo visti timidamente speranzosi sparire agli occhi di tutti, per vivere dimenticati e felici una vita fatta solo di loro due, insieme, per sempre.

Niente da dire se questa fosse stata la conclusione.
Tutto avrebbe avuto una logica, ogni cosa una ragion d’essere, e la fiaba, meravigliosa come tutte le fiabe, si sarebbe conclusa con quel “E vissero felici e contenti” che tutti si sarebbero aspettati.

Ma proprio mentre si apprestavano a girare, il network ha rinnovato lo show per la seconda stagione.
Niente happy ending finale, a quel punto, era ovvio.
Nuovi spunti, nuovi spiragli, nuovi personaggi perfino, tutto per introdurre nel migliore dei modi una stagione che nel segreto delle loro pagine Jennifer e Sherri avevano sempre avuto in mente, senza mai il coraggio di vederla possibile.
Colpi di scena, azione, rivelazioni, tutto nel rispetto più totale della tradizione dei finali di stagione, perché chi si preoccupa di soffrire un po’ al momento del distacco quando si sa che si tornerà a far battere i cuori all’unisono, perché ogni separazione non fa che rendere più emozionante il ritrovarsi qualche mese più tardi, e riprendere da dove si era lasciato, ed andare oltre ed emozionarsi di più?

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Ecco, Jennifer e Sherri non sono riuscite a prepararsi con freddezza al distacco, non sono state capaci di lasciar andare i personaggi per ritrovarli e ricostruirli alla luce di quanto fosse accaduto, si sono preoccupate piuttosto di dargli qualche ultima intensa pennellata di carattere e di sentimento, affinché mai, nemmeno per un attimo, lontani da loro nella pausa, o a guardarli mutati e frastornati all’inizio del loro prossimo viaggio, potessimo in alcun modo dimenticare chi sono, quanto meravigliosa è la forza del loro amore, quanto unico il legame che li unisce.

Si consuma tutto in quella che nella realtà è la Casa Loma, nella nostra storia la villona. dei genitori di Gabe, un po’ prigione, un po’ laboratorio.

Ed è proprio Gabe a fare sia da specchio che da sparring partner ai sentimenti ed alle emozioni dei nostri amati.

Normalità, non è altro che questo ciò che tutti sembrano volere ed inseguire dal principio alla fine di questo viaggio.
Vincent e Catherine si sono confrontati con questo concetto prima individualmente, poi come coppia, quando hanno deciso che fare a meno l’uno dell’altra sarebbe stato meno naturale e praticabile dell’accettazione della condizione di Vincent.

Nonostante le loro conquiste però, entrambi vivono momenti in cui il pensiero di una vita “normale” sembra l’unica chiave per la felicità dell’altro.

E Gabe è lì, di fronte a loro, ad attestare quanto si possa bramare la normalità quando non si è normali, tanto da renderla la priorità assoluta di una vita diversamente tutt’altro che insoddisfacente.
Allora per lui non ha senso la giustizia e non ha senso l’amore.
La prospettiva di un futuro insieme cede agevolmente il passo alla prospettiva di un futuro individualmente migliore.
Qualsiasi sacrificio ha senso nel portarlo ad una vita dimentico dell’essere una bestia, poco importa quanto alto sia il prezzo da pagare.
E per chi.

Vincent e Catherine al contrario si amano troppo per pensare una vita vuota l’uno dell’altra.
La normalità, nel loro percorso, lascia subito i canoni borghesi sposati da Gabe per diventare la presenza certa e continua, dell’uno nella vita dell’altro.

Essere una bestia, un diverso, un incontrollabile, diventa per Vincent il modo di proteggere e salvare ancora una volta Catherine, ostaggio di Gabe.
Ma non è più una bestia, un incontrollabile.
E allora alza la posta senza pensarci, ed è la sua vita di uomo che mette nel piatto della bilancia nello scontro, durissimo, con Gabe.
Per lei.
Perché lei lo vuole uomo.

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E sì, ha fantasticato Catherine su quanto sarebbe piacevolmente “normale” passeggiare tutti i giorni come quel giorno, e dopo lo zucchero filato un gelato, e una pizza e chissà cos’altro.
Normale… quello che tutti vogliono.
O forse no…
Perché chi la vorrebbe una vita normale se Vincent non ne facesse parte?!
Lei no di certo.
Impiega il tempo di un battito di ciglia a capire cosa sta succedendo, cosa può salvare Vincent.
Ed impiega meno di un battito di ciglia a reagire e spazzar via in un colpo qualsiasi aspettativa di normalità per salvare la vita di lui, perché la sua non sarebbe vita non più intrecciata a quella dell’amato.
Perché c’è abbastanza uomo in lui da mettere a tacere qualsiasi bestia.
E se lui ne dubita ancora, lei invece ne è sicura, ed è pronta a lottare per l’uomo e per la bestia insieme, perché l’uno rende l’altro migliore, è sempre stato così, ed ora lei sa di voler essere felice, e di poterlo essere solo al fianco.

In questa presa di consapevolezza di Catherine c’è, un attimo prima della separazione, la sublimazione della profondità del loro amore, il loro reciproco accettarsi ed accettare qualsiasi cosa il domani vorrà riservargli, consapevoli e determinati nel voler lottare per quel domani.
Poco conteranno mesi di separazione, ed amnesie, e dubbi, e missioni, e paure.

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Di fronte al decidere come volere e vivere ciascuno la propria vita, Vincent e Catherine hanno compiuto la medesima scelta.

Hanno dato un calcio a sogni ed utopie, ed hanno battuto forte il pugno sullo stesso piatto della bilancia.
Il piatto della realtà.
Dell’esserci.
Davvero.
L’uno per l’altra.
Per sempre.

Federica

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